Il Patrimonio artistico

Il patrimonio artistico locale vanta numerose chiese e palazzi le cui origini sono molto remote. Tuttavia, nonostante il grande valore storico e artistico, tali opere, se si esclude qualche eccezione, giacciono nel quasi totale abbandono, divorate dal tempo e dall'incuria. Per quanto riguarda le chiese, la più antica risale al 1236: in quell'anno infatti a Balvano fu costruita la sua chiesa madre, intitolata a S. Maria Assunta e situata in piazza Cavour. In questa chiesa, dal XVI secolo vi si venera San Pascasio Martire (festeggiato dal popolo il 14 giugno), le cui reliquie, rinvenute nelle catacombe romane, furono traslate a Balvano e tuttora vengono conservate presso il convento di S. Antonio. La chiesa di S. Maria Assunta, ricostruita dopo il sisma del 1694 che la rase completamente al suolo, ha sempre subito danni dai numerosi terremoti che hanno colpito Balvano. L'ultimo, il terremoto del 23 novembre 1980, ha causato il crollo del prospetto e delle coperture della prima campata e la distruzione di tre altari in pietra e del portale del XVIII secolo. Purtroppo dei piccoli capolavori contenuti al suo interno non resta quasi nulla. La chiesa è stata completamente abbattuta, negli anni successivi al sisma dell'80, perchè pericolante.Attualmente è in fase di ricostruzione, ma l'odierno progetto non ha niente a che vedere con la vecchia chiesa madre: ha infatti caratteristiche completamente moderne. Continuando a passeggiare nei luoghi sacri di Balvano ci si imbatte inoltre nella chiesa di S. Maria di Costantinopoli costruita, con l'attiguo convento, sul finire del XVI secolo, in contrada S. Giovanni (poco lontano dal centro di Balvano) ed ora semidistrutta dall'ultimo sisma. Nelle campagne di Balvano sono inoltre ubicate altre due chiese: la cappella di S. Lucia (tuttora abbandonata, nonostante i recenti lavori di restauro) e la chiesetta della Madonna del Carmine (di cui ormai resta ben poco della struttura originaria). In ogni caso l'edificio sacro più rappresentativo di Balvano è, senza dubbio, il complesso conventuale di S. Antonio da Padova. Nel centro storico del paese, ai piedi del castello , si possono ammirare invece antichi palazzi che ospitavano le famiglie gentilizie locali. In via Umberto I, si erge in tutto il suo splendore Palazzo Laspro, mentre tra piazza Cavour e via Roma sorgono Palazzo Tirico, Palazzo Lenzi e Palazzo Pacelli. A pochi passi dal centro è invece possibile ammirare Palazzo Cecere, altra struttura restaurata di recente, in bilico su uno spuntone di roccia che domina contrada Galdo e la gola del torrente S. Caterina. Da ricordare è inoltre il Casino Laspro, residenza rurale della nota e potente famiglia omonima.

Il Castello

Il castello sorge sullo sperone di una roccia che emerge di circa 20 m a NE e di altri 60 m a SO rispetto al suolo circostante. La geomorfologia, la posizione dominante, la rada vegetazione, identificano due componenti essenziali del sito, quella relativa alla natura impervia dei luoghi, e l'altra connessa agli interventi dell'uomo, leggibile nel rapporto tra l'edificio che si staglia imponente a guardia della gola di Romagnano, ed il paese che, concentrato in gran parte sotto la rupe, occupa il falsopiano circostante. Il nucleo originario, costruito in epoca normanna (X secolo) non è più ormai identificabile per i successivi ampliamenti (il primo dei quali nel 1278) e per i moti tellurici. Sono visibili gli accenni di due torri-vedetta originarie del primitivo impianto, il quale dovette essere comunque molto ristretto rispetto all'edizione integra che dell'intera fabbrica ci è pervenuta dal 1806. La presenza delle due torri, a quote diverse, si rivelano rispettivamente nella parte alta, laddove la muratura che contiene il portale d'ingresso appare ripresa sul contorno con sfalsamento di piano; e, nella parte bassa, nel raddoppio di muratura laterale all'androne di accesso e nel basamento scarpato. Originariamente il castello era racchiuso da una cinta muraria con una torre cilindrica all'angolo SO e si componeva di due corpi distinti, di cui uno a quota più bassa dove si apriva il portone di ingresso. Da qui partiva un lungo androne che si immetteva su una rampa gradonata, la quale si collegava con il secondo corpo: l'edificio vero e proprio. Ingenti sono stati i danni causati dal sisma del 1980. Il corpo di fabbrica basso, caratterizzato da muratura in pietrame, orizzontamenti a volta e coperture a tetto, ha subito crolli nel prospetto, nelle volte e parzialmente nel tetto; l'edificio più alto, pure con mura in pietra con orizzontamenti piani di legno e coperture a tetto, ha subito notevoli danni, con crolli parziali nel prospetto, totali per gli orizzontamenti e la copertura, e quasi per intero per gli altri prospetti. Ha ceduto pure la rampa gradonata con l'annesso viadotto archivoltato, ed infine la torre cilindrica a SO della cinta muraria.

Monumento funerario

Di questo monumento residuano solo due blocchi con raffigurazioni di estremo interesse. Su uno compaiono, nei tre spazi suddivisi da triglifi, tre incisioni : una foglia di acanto, una protome di Medusa e una palmetta. Sull'altro, sempre tra le metope, ci sono due volti (che raffigurano forse i proprietari della tomba), un'aquila che artiglia una corona e, di seguito, una rosetta. Al di sotto spicca un'ara su cui due giovinetti stanno per sacrificare un animale (forse un toro).

La chiesa di S. Maria Assunta e le sue opere

La chiesa di S. Maria Assunta, distrutta dal terremoto del 1980, nel tempo ha subito continui rifacimenti. Il suo ingresso principale era rivolto ad ovest, verso il castello, ed era dotato di un caratteristico portale in pietra scolpito con riccioli e volute, motivi tipici del '700. Il portale è infatti databile al 1750 ed è opera di artigiani della zona. All'interno della chiesa vi erano tre piccoli altari laterali del XVII secolo ed una alzata di altare (situato proprio di fronte al portale) di finissima fattura che può essere datata intorno all'ultimo decennio del XVII secolo. La cura dei particolari, i capitelli di stile ionico-corinzio, le testine d'angelo, il fogliame dorato, i fiori, utilizzati armoniosamente nella composizione, dimostrano la capacità raggiunta dagli intagliatori lucani nel rielaborare e ricreare con fantasia i modelli tipici dell'età barocca. All'interno, su un altare laterale, vi era apposta inoltre una scultura lignea raffigurante la Madonna del Carmine, opera di un autore del XVI secolo e tra i manufatti più danneggiati. Di bottega napoletana invece sono i pochi oggetti liturgici in argento che attualmente insieme a 18 sculture, due manichini, la suddetta scultura lignea, parametri ed arredi sacri si trovano presso la Soprintendenza per i beni artistici e storici per interventi conservativi (ancora!!!!!!!).

La chiesa di S. Maria di Costantinopoli

Sulla costruzione di questa chiesa esiste una leggenda tuttora viva in paese. La chiesa fu costruita in una campagna di Balvano insieme ad un piccolo convento adiacente (che, anticamente, pare ospitasse un orfanotrofio curato dalle suore Orsoline). Ora vi rimane ben poco: in piedi c'è ancora il campanile, notevolmente lesionato, alcuni ambienti del convento e parte della parete sinistra della chiesa, dove sono stati rinvenuti, a seguito di un crollo, resti di affreschi appena visibili e databili al XVIII secolo. All'interno vi era un dipinto murale raffigurante la "Madonna con i Santi" che è stato staccato e trasferito a Matera per restauro (attualmente si trova all'interno del convento di S. Antonio). Sono andati distrutti invece l'alzata d'altare, la tela raffigurante la discesa dello spirito santo (XVIII secolo) e il portone esterno in legno del XVI secolo. E' inoltre ancora sottoposta a restauro la statua lignea di S. Vincenzo Ferrer del XVII secolo. La leggenda della chiesa della Madonna di Costantinopoli Secondo una tradizione popolare ancora viva, una signora vestita di bianco apparve ad una pastorella muta e le consegnò una lettera per il parroco del paese, dove veniva chiesta la costruzione, proprio nel luogo dell'apparizione, di una cappella intitolata a S. Maria di Costantinopoli. Dopo quell'incontro la giovane riacquistò la parola.

Il complesso conventuale di S. Antonio da Padova

Il convento fu costruito poco distante dal centro abitato in luogo ameno e solitario nel 1591 dai frati minori osservanti. Rischiò la chiusura subito dopo perchè costruito senza i dovuti permessi. Nel 1607 il vescovo di Muro Lucano finalmente acconsentì a far restare i frati in paese, a condizione che il comune regolasse la posizione economica con la diocesi. Allo stato attuale le numerose trasformazioni che la fabbrica ha subito nel corso di questo secolo e la costruzione di corpi aggiunti addossati al perimetro esterno impediscono una chiara lettura dell'impianto originario. La chiesa, priva di elementi decorativi di particolare rilievo, presenta una controsoffittatura in legno dipinto in epoca recente sorretta da putrelle di ferro e, oltre all'altare maggiore, sei altari laterali marmorei. I recenti lavori di restauro e consolidamento della struttura hanno portato alla luce l'antica cripta che giaceva sepolta sotto il pavimento della chiesa. Il convento, ad esclusione del corridoio perimetrale continuo sulle cui pareti e volte sono presenti affreschi, è stato completamente trasformato e sopraelevato. Il chiostro stesso, privato, tra l'altro, della cisterna (distrutta dal recente sisma), è stato tompagnato all'altezza delle colonne e degli archi per sopperire al maggior carico delle sopraelevazioni. La fabbrica, che ha subito notevoli danni alle sue strutture portanti, è stata presidiata a cura del provveditorato alle OO.PP. della Basilicata. Terminati la ristrutturazione e il restaturo, il convento è ora nuovamente aperto e ospita le suore di S. Maria Bambina, mentre la sua chiesa accoglie i parrocchiani della chiesa di S. Maria Assunta, nell'attesa che questa venga ricostruita. La cripta del convento di S. Antonio La cripta, in cui sono stati rinvenuti, durante i recenti lavori, resti umani, fu chiusa in seguito alla promulgazione dell'editto napoleonico di Saint-Cloud (1804), in vigore in Italia dal 1806. Tale provvedimento vietava la sepoltura dei morti, per motivi igienici, all'interno delle chiese o comunque della cinta muraria delle citta, e regolamentava l'uso delle lapidi, decretando la nascita dei cimiteri. Dalle tracce ritrovate e dalle poche testimonianze storiche si è scoperto che l'ingresso della cripta era situato approssimativamente nel punto in cui oggi si eleva l'altare principale della chiesa. Gli affreschi del convento di S. Antonio Il chiostro del convento francescano di S. Antonio da Padova è interamente decorato da un ciclo pittorico (di notevole rilievo), secondo l'antica consuetudine che fa dei chiostri veri luoghi di meditazione e divulgazione didattica. Lungo le pareti del chiostro la figurazione si articola in una serie di ventiquattro lunette di cui una raffigura S. Francesco che riceve le stimmate, un'altra raffigura una santa francescana e le altre ventidue raccontano i momenti salienti della vita di S. Antonio da Padova (patrono di Balvano, festeggiato il 13 giugno). Nei fregi inferiori sono illustrati i santi francescani più venerati. Vi sono poi quattro ovali sugli angoli del chiostro che mostrano le quattro virtù. L'arco di accesso al chiostro è affrescato con una "Pietà", mentre il sottoarco illustra l'emblema di Cristo con due angioletti. La volta a crociera del chiostro è anch'essa affrescata con storie della vita di S. Francesco, episodi del vecchio e nuovo testamento e angeli. Questo ciclo, che potrebbe essere stato terminato intorno al 1693, data scolpita sul portale del convento, è senz'altro da attribuirsi ad un artista locale perfettamente edotto sui fenomeni culturali napoletani. Sulla paternità degli affreschi del convento di S. Antonio Gli affreschi del chiostro furono attribuiti in un primo momento a Giovanni de Gregorio detto Pietrafesa (1569-1636), uno degli artisti locali più attivi. Tuttavia il Pietrafesa morì nel 1636 mentre pare che gli affreschi furono terminati nel 1693, quindi è escluso che ne sia l'autore. Sembra invece che siano opera di Girolamo Bresciano da Pietragalla, autore di svariate opere, che è senz'altro - tra i numerosi discepoli del Pietrafesa - quello che stilisticamente gli è più vicino. Il Bresciano fu il maggior divulgatore di quel linguaggio arcaico semplice ed immediato, del tutto rispondente alle esigenze della committenza dopo il Concilio di Trento. Nel ciclo di Balvano ritorna un ideale di religiosità quasi domestica, una pacatezza dei sentimenti che rendono le opere del Bresciano particolarmente gradevoli e di immediata comunicazione.

Il monumento ai caduti

E' stato solennemente inaugurato il 31 agosto del 1925 , con l’intervento di mons. Scarlata, vescovo di Muro, e di mons. Cesarano, arcivescovo di Campagna, un bel monumento ai 48 Balvanesi immolatisi su l'ara della Patria nella guerra. Il riuscito lavoro, in marmo bianco e di Pietrasanta, è dello scultore Ciocchetti di Roma, su progetto dell’esimio e giovane nostro concittadino ing. Alessandro di Stasio.

Palazzo Laspro

Costruito nel 1750, è la casa natale dell'arcivescovo Valerio Laspro, e da questo passato in proprietà, per successione, ai vari eredi Laspro. Il palazzo ha ospitato insigni personaggi come Vittorio Emanuele II, la regina Margherita, l'on. Francesco Saverio Nitti ed altre personalità storico letterarie. L'edificio si sviluppa su due piani ed è costituito da ambienti conseguentisi non indipendenti tra loro. La comunicazione tra i due piani è assicurata da una scala principale con ringhiere in ferro battuto e gradini in pietra. E' composto da numerose stanze, saloni, bagni e servizi. Il fronte principale, con balconi e finestre simmetricamente disposti, configura un aspetto nobile e rappresentativo. Il complesso, posto su via Umberto I, definisce un valido elemento architettonico di notevole emergenza visiva e di riferimento. Il complesso è stato recuperato con un intervento di restauro conservativo, ed attualmente vi alloggia la famiglia Laspro-Trerotola.

Palazzo Tirico

Il palazzo Tirico, sito in piazza Cavour, costruito nel XVIII secolo, rappresenta una tra le poche superstiti testimonianze di edificio palazzato di impianto settecentesco. Delimitato da tre fronti stradali, si presenta con imponenza rispetto all'edilizia minore circostante, con il quarto fronte su un maestoso giardino con piante ornamentali. Il prospetto principale su piazza Cavour ha subito alcune trasformazioni; resta comunque ancora interessante per gli elementi conservati: portale in pietra lavorata con sovrastante stemma in pietra, ringhiere in ferro battuto, balconcino e finestre, fanno della facciata una prospettiva d'insieme altrettanto significativa. La tipologia è interessante per gli spazi che definisce: al piano terra, cantine, magazzini, cortile interno con il pozzo in pietra (che attualmente è stato sistemato nel cortile interno del convento di S. Antonio); al primo piano numerose stanze da letto, ampio salone e loggiato con ringhiera in ferro battuto che si affaccia sul cortile interno; la scala interna che collega i due piani arricchita da ringhiera in ferro battuto e da due inferriate, anch'esse in ferro battuto, prospicienti il giardino. Ultimamente tale palazzo è stato acquistato dall'amministrazione Comunale. Sono in corso i lavori di ristrutturazione per adibirlo a sede comunale.

Palazzo Lenzi

Il palazzo Lenzi fu fatto costruire nel XVII secolo dal sacerdote don Stefano Pacelli, acquistato poi da Alessandro Lenzi e da questi passato in proprietà per successione ai vari eredi. L'edificio si sviluppa su tre piani ed è costituito da ambienti non indipendenti tra loro. Vi è una scala principale che fa comunicare i diversi piani. All'interno vi sono quattordici stanze, saloni, bagni e accessori. La facciata configura un'aspetto nobile e rappresentativo assicurato dai due balconi e ringhiere in ferro battuto, simmetricamente disposti sopra i portali del fronte principale. Le mura della facciata principale e gli elementi in pietra conferiscono al tutto un aspetto architettonicamente valido. Il complesso è posto nella piazza Cavour,e insieme alla chiesa madre e agli altri palazzi definisce un ambiente di pregevole valore architettonico e artistico. Il sisma del 1980 ha gravemente danneggiato il palazzo, tanto da rendere necessaria la parziale demolizione, relativamente al sottotetto e a parte del secondo piano. A seguito del completamento dei lavori di restauro il palazzo è ora tornato ai suoi antichi splendori.

Palazzo Pacelli

Il palazzo Pacelli, sito in via Roma, costruito intorno al XVI secolo, fu per vari secoli il centro della vita del paesello, perchè fra i componenti della famiglia Pacelli numerosi furono i medici, notai, ecclesiastici (vescovi e abati). Il palazzo, dopo varie vicissitudini, tra le quali il terremoto del 1561, venne restaurato nel 1700 da don Fabrizio Pacelli, così come si legge in una iscrizione coeva apposta sotto lo stemma della famiglia, sito sul portone di ingresso, contornato da un bugnato di pietra locale. Il prospetto principale su via Roma ha subito alcune trasformazioni. Portale, finestre simmetricamente disposte, balconcino in asse al portale, fanno della facciata una prospettiva d'insieme altrettanto significativa. La tipologia si sviluppa attorno a un cortile interno che distribuisce i vari ambienti. Al piano terra: cappella privata, ambienti con caminetto in pietra, atrio d'ingresso con ricche inferriate, scale in pietra per la comunicazione ai piani superiori; la scala interna, coperta da una volta a botte portante conserva ancora originali gradini in pietra. Restano ancora in buono stato i caminetti in pietra locale nelle stanze al secondo piano. All'esterno un'iscrizione precisa: "qui non si gode asilo". Al piano terra vi è la cappella di famiglia, l'altare è del XVIII secolo in legno lavorato, sormontato da una nicchia contenente la statua in legno della Madonna del Monte (secolo XVII). Il terremoto del 1980 ha danneggiato l'edificio che però non ha subito crolli delle strutture.

Palazzo Cecere

A pochi passi dal centro è invece possibile ammirare Palazzo Cecere, altra struttura restaurata di recente, in bilico su uno spuntone di roccia che domina contrada Galdo e la gola del torrente S. Caterina.

Il Casino Laspro

Il Casino Laspro risale presumibilmente all'800 e si trova in contrada Gaudino. E' a forma quadrata e si appoggia su un promontorio quasi roccioso. Interamente costruito in pietra, ha gli angoli e i portali in pietra da taglio ben squadrata. Al piano terra la struttura è a volta a botte con alcuni archi più ribassati trasversalmente. Il primo piano invece è una grande scatola, con un solo muro portante centrale, la copertura in legno, tavole ed embrici. Presumibilmente la copertura originale doveva essere a quattro falde e non a tre come si presenta adesso. Le torrette di guardia e la bella linda di tetto alla romanella, veramente particolare, rendono l'organismo di notevole pregio architettonico. Il manufatto, secondo quanto attestato dalla proprietaria (Anna Laspro) fu interamente progettato da un architetto napoletano. Un vano del fabbricato a piano terra è adibito a cappella per la Madonna di Gaudino, che il popolo di Balvano festeggia in Agosto, ed in occasione qui vi si celebrano le funzioni religiose.

Piazza Giovanni Paolo

Piazza Giovanni Paolo

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